Gli obiettivi climatici dell’Europa: l’Italia nel contesto europeo

obiettivi climatici Italia

L’Italia, con il Decreto MASE del 2024, entra finalmente nella fase operativa delle Comunità Energetiche Rinnovabili.
Dopo anni di sperimentazioni e incertezze regolatorie, il Paese dispone ora di un sistema di incentivi stabile e di fondi PNRR dedicati, per un totale di 2,2 miliardi di euro.
L’obiettivo è ambizioso: realizzare almeno 2.000 MW di nuova potenza rinnovabile condivisa entro il 2026, con priorità ai piccoli comuni e alle aree interne.

Questo passo è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi europei.
Secondo le stime dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) e del Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea, se anche solo il 10% dei cittadini europei partecipasse a una comunità energetica, si potrebbero generare fino a 90 GW di capacità rinnovabile aggiuntiva e ridurre le emissioni di CO₂ di circa 100 milioni di tonnellate all’anno.

Le CER italiane, quindi, non sono un fenomeno isolato, ma parte di una strategia europea coordinata che mira a rendere la transizione energetica non solo sostenibile, ma anche partecipativa e territoriale.


Energia, cittadini e democrazia climatica

Uno degli aspetti più innovativi del modello CER è la sua capacità di coniugare efficienza energetica e democrazia partecipativa.
La transizione ecologica, infatti, non può essere solo un processo tecnico: ha bisogno di coinvolgere le persone, di costruire consenso e responsabilità condivisa.

Le CER rendono possibile questa trasformazione culturale.
Ogni membro non è più un semplice consumatore (“utente finale”), ma diventa un prosumer, ovvero produttore e consumatore allo stesso tempo.
Questa partecipazione diretta cambia il modo in cui le persone percepiscono l’energia: da costo inevitabile a bene comune.

A marzo 2024, si contano in Europa oltre 7.000 iniziative di comunità energetiche in diverse forme — cooperative, consorzi, associazioni — con un forte protagonismo di Germania, Paesi Bassi, Danimarca e Spagna.
In tutti questi casi, il denominatore comune è la partecipazione civica e la redistribuzione dei benefici, due principi cardine anche del Green Deal.


L’impatto ambientale e sociale delle CER

Le comunità energetiche non solo producono energia rinnovabile, ma contribuiscono a una riduzione strutturale delle emissioni e a una maggiore resilienza energetica.
Ogni impianto di media taglia (ad esempio 200 kW fotovoltaici condivisi tra 50 famiglie) consente di evitare oltre 100 tonnellate di CO₂ all’anno, equivalente a circa 70 auto in meno su strada.

Ma i benefici non si fermano qui.
Le CER generano valore sociale: contrastano la povertà energetica, favoriscono l’educazione ambientale e creano reti di collaborazione locale.
Nei piccoli comuni, possono addirittura contribuire a contrastare lo spopolamento, offrendo nuove opportunità economiche e un senso di appartenenza collettiva.

La Commissione Europea ha riconosciuto questi effetti nel Piano REPowerEU, pubblicato nel 2022, dove le comunità energetiche sono indicate come “motore per una transizione giusta”, capace di coniugare sostenibilità e inclusione.


Digitalizzazione e governance: il salto di qualità del 2024

Se la prima fase delle CER europee è stata caratterizzata dall’entusiasmo pionieristico, quella del 2024 segna l’inizio della maturità digitale.
Le nuove piattaforme gestionali e i software dedicati consentono oggi di monitorare, analizzare e condividere i dati energetici in modo trasparente e in tempo reale.

La digitalizzazione rende le CER più efficienti, ma soprattutto più trasparenti e governabili.
Ogni membro può visualizzare la propria produzione, la quota di energia condivisa e gli incentivi maturati, contribuendo a creare un modello di governance distribuita che rispecchia la stessa logica della rete elettrica intelligente: decentralizzata, dinamica e collaborativa.

L’Europa, in questo senso, vede nelle CER un laboratorio di innovazione sociale e tecnologica, capace di anticipare i modelli di comunità energetiche che potrebbero diffondersi su larga scala nel prossimo decennio.


Verso il 2030: l’energia come bene comune

Guardando al 2030, le CER saranno chiamate a svolgere un ruolo sempre più centrale.
Secondo le proiezioni dell’European Climate Foundation, le comunità energetiche potrebbero contribuire per almeno il 15% della produzione rinnovabile totale europea, rappresentando una quota significativa del percorso verso la neutralità climatica.

Ma la loro importanza va oltre i numeri: esse incarnano una nuova idea di energia, fondata su autonomia, cooperazione e responsabilità collettiva.
Laddove le politiche europee puntano alla decarbonizzazione, le CER offrono il volto umano della transizione: la partecipazione dal basso, la solidarietà territoriale, la condivisione dei benefici.

Il successo del Green Deal non dipenderà solo dalle grandi infrastrutture o dagli investimenti miliardari, ma dalla capacità delle comunità locali di diventare protagoniste attive del cambiamento.
E in questo, le CER rappresentano il tassello mancante tra le strategie europee e la vita quotidiana dei cittadini.

Nel 2024, le Comunità Energetiche Rinnovabili non sono più un esperimento, ma una realtà consolidata e in rapida espansione.
La loro forza sta nel mettere insieme ambiente, economia e società, traducendo gli obiettivi europei in azioni concrete e partecipate.

Ogni nuova CER è un passo verso l’Europa del 2030: più verde, più autonoma e più coesa.
Un modello che dimostra come la transizione energetica non sia solo una questione di tecnologie o di incentivi, ma soprattutto di persone che decidono di cambiare insieme.